Il tema del doping nello sport è sempre attuale e dibattuto, sia in Italia che a livello internazionale.
Nemmeno i grandi campioni sono esenti dai controlli antidoping che vengono svolti regolarmente per garantire a tutti gli atleti una competizione pulita, onesta, leale.
Ma qual è la reale diffusione del fenomeno nel nostro Paese?
Cosa dicono le indagini, realizzate dalle organizzazioni nazionali e internazionali?
Italia in prima linea nei controlli antidoping
In Italia il doping è ufficialmente vietato dal 2000, quando è stato inserito tra i reati dalla legge 376.
Il nostro è il Paese europeo con il maggior numero di esiti positivi dei controlli antidoping: parola della WADA (World Anti-Doping Agency). Al secondo e terzo posto Francia e Stati Uniti, seguiti da Brasile, Russia, Cina e India.
Un dato così alto si spiega (anche) perché l’Italia è uno dei pochi Paesi dove i controlli investono anche gli atleti dei settori giovanili ed amatoriali. Settori in cui l’incidenza di positivi è particolarmente alta: tra gli atleti non professionisti, sia i più giovani che gli adulti ricorrono al doping per incrementare le loro prestazioni.
Chi si occupa di contrastare il doping in Italia?
A gestire la” lotta” al doping nel nostro Paese sono due autorità.
1) la Sezione per la Vigilanza ed il controllo sul Doping e per la tutela della salute nelle attività sportive (SVD), che monitora le manifestazioni sportive amatoriali.
Tra i tanti compiti svolti dalla SVD: aggiornare annualmente la lista di sostanze e pratiche vietate; stabilire come vanno effettuati gli accertamenti; promuovere progetti di ricerca e campagne di sensibilizzazione (più di 80 dal 2002 ad oggi).
2) l’Organizzazione nazionale antidoping (NADO Italia),
articolazione italiana della WADA, la quale si assicura che siano rispettate le leggi raccolte nel Codice Mondiale Antidoping (Codice WADA).
Cosa dicono i numeri
Nei primi otto mesi del 2022, la SVD ha svolto controlli antidoping su 39 manifestazioni sportive amatoriali. Questi controlli hanno interessato 158 atleti: 88 uomini e 70 donne, con un’età media di 25,9 anni.
Nel 2023, la NADO Italia ha organizzato un’indagine ancora più estesa: ben 486 sessioni di prelievo sono state disposte nei confronti di atleti di diversi sport, età e categoria.
Questa volta, gli atleti positivi sono stati 73.
Due i dati che stupiscono di più leggendo il report.
1) Il doping ha una diffusione capillare.
Praticamente tutte le discipline sono coinvolte in qualche misura: dall’atletica leggera al nuoto, fino al kickboxing.
Tra le più colpite vanno segnalate ciclismo, pesistica e pugilato.
Insomma: più si cresce, più si tende a ricorrere a fare uso di sostanze. Gli adulti ricorrono al doping per contrastare l’invecchiamento naturale del corpo, nel tentativo di mantenere inalterata la forma fisica.
Anche i giovani, talvolta giovanissimi, fanno uso del doping.
Nel loro caso, le motivazioni sono principalmente di carattere agonistico: a spingerli è il desiderio di “bruciare le tappe”, e competere subito ad alti livelli.
Con le conseguenze drammatiche sulla salute che già conosciamo.
Nonostante i controlli e le campagne di prevenzione, il doping rimane un ostacolo per lo sport italiano.
Sapere quanto è diffuso può essere un’ulteriore spinta a non considerarlo il problema “di qualcun altro”: prima di finire in campo, le sostanze dopanti circolano nelle palestre e negli spogliatoi.
Ecco perché la NADO Italia ha attivato il servizio “Speak Up”, che permette di segnalare anonimamente casi legati al doping.
Scopri di più a questo indirizzo:
https://www.nadoitalia.it/it/attivita/gestione-dei-risultati/speak-up.html
Vuoi saperne di più?
Sul sito dedicato del Ministero della Salute troverai più informazioni sulla legge 376 del 2000, che regola l’antidoping in Italia, e potrai conoscere nel dettaglio le attività della Sezione per la Vigilanza ed il controllo sul Doping e per la tutela della salute nelle attività sportive. (SVD).